Ci sono parole che non vorresti entrassero mai a far parte del tuo vocabolario e della tua quotidianità. Malattia, sofferenza, morte. Purtroppo da qualche anno sono diventate ricorrenti nella storia della nostra famiglia e questa volta è toccata a te, papà.
Una settimana fa te ne andavi, in silenzio, con discrezione, dopo aver provato con tutte le forze ad affrontare questo male. Nulla avrebbe potuto sconfiggerla, ma la bestia non è riuscita a portarti via la dignità e il contegno che ti hanno sempre contraddistinto. Non un lamento, solo la voglia di lottare e la capacità di vedere il bicchiere mezzo pieno. Sempre.
Manchi come l’aria, come la pioggia che non bagna la tua terra da tanti, troppi mesi. Ma so che sei in tutte le cose che hai lasciato e nei luoghi in cui hai vissuto. E sei dentro di me, nelle espressioni del mio viso e in tanti aspetti del mio carattere. Nel mio modo di accavallare le gambe e di infilarmi i calzini. Ti sento, papà, ma mi mancano tanto i tuoi occhi castani.
Ho cercato il tuo odore sul cuscino, come facevo da bambina, per fissarlo nella mia mente. Quante cose avrei potuto dirti, ma so che le hai capite guardandomi negli occhi.
Ora devo imparare a respirare in un modo diverso, ad orientarmi in un mondo in cui tu non ci sei. Ma ce la farò, papà. Ce la faremo tutti, per te.
Un giorno tutto questo dolore mi sarà utile, lo so. Mi aiuterà a diventare più forte e ad affrontare le mie paure. Ora devo raccogliere i cocci del mio cuore e rimetterli insieme. Ancora non so come, ma in qualche modo farò.
Salutami tutti i nostri cari e vieni a trovarmi in sogno. Lo so che sono grande, ma ho ancora bisogno di te, papà.
Ti aspetto.
Effe
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